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giovedì 10 febbraio 2011

Che fine sta facendo la musica....

Nel 1971, quasi ventenne, ebbi casualmente l'occasione di mettere il piede per la prima volta in uno studio di registrazione grazie al fatto che un mio amico e compagno di università, cominciava frequentare l'ambiente discografico romano.
Mai avrei potuto immaginare in quel momento che quella che era ancora per me solo una semplice ma sentita passione per la musica, sarebbe poi diventata la mia vera professione, dandomi quasi subito occasione di partecipare ad un'infinità di progetti che, anche in minima parte per mie capacità...mi auguro, hanno avuto quasi sempre discreto successo, la conseguenza fu che, daje e daje (come si dice a Roma), ho imparato tante cose su questo mestiere, da permettermi addirittura di viverci.
Oggi, a distanza di 40 anni, continuando e vivere e ad osservare le vicende artistico-musicali della nostra povera Italia, mi ritrovo a pormi la suddetta domanda: che fine sta facendo la musica?
Quando, una ventina e più di anni fa, immaginavo come si sarebbe potuto trasformare il mio lavoro con il tempo, pensavo che. come in tutte le buone aziende che funzionano, tutto il know-how (scusate l'americanismo....) accumulato a forza in tanti anni di dura militanza in prima linea, sarebbe stato in qualche modo tramandato, trasferito  alle nuove generazioni seguendo le logiche leggi della natura, mai e poi mai avrei potuto immaginare che le suddette aziende, tanto floride in quel momento, che avrebbero direttamente o indirettamente usufruito di tutto questo, sarebbero finte con lo sparire, evaporando nel nulla e lasciando uno spettrale, sinistro e sconcertante vuoto cosmico.
Dico questo, logorrea a parte, perché mi ritrovo a notare il livello eccessivamente basso del prodotto musicale che si sta producendo da troppo tempo a questa parte e mi faccio e rifaccio sempre la stessa domanda di cui sopra.
Una parte della colpa credo vada imputata all'effetto delle sempre nuove e troppo veloci innovazioni tecnologiche che, entrate ormai da tempo prepotentemente nel settore, hanno permesso indubbiamente si di migliorare la qualità acustica del prodotto, ma hanno dato anche, soprattutto negli ultimi tempi ad emeriti incapaci o più benevolmente dei mediocri dilettanti, la possibilità di produrre con troppa semplicità cose che lì per lì sembrano essere interessanti, ma che poi come tutte le cose basate più sull'estetica che su contenuti seri e ponderati, svaniscono con altrettanta effimera velocità, lasciando però, agli autori dell'opera, la sensazione di non essere stati capiti invece che si è prodotto semplicemente una cosa brutta, inutile e senza storia, per cui "l'incapace", rafforzato da questa convinzione, persevera e fa proseliti tra i suoi eguali ed il tutto si deteriora sempre di più.
Ma un'altra parte della colpa è da imputare sicuramente anche a coloro che avrebbero dovuto gestire, in modo accorto e responsabile, le sorti delle aziende che vivevano di tutto questo e che in qualche modo fungevano da filtro di qualità, per cui schiavi di antichi italici comportamenti (vedasi la nostra attuale situazione politica o più semplicemente il mafioso nostrano nepotismo) al posto dei vecchi discografici che tanto avevano fatto per la musica negli anni sessanta e settanta, ci siamo ritrovati con dei nuovi dirigenti di mediocri e dilettantistiche capacità o peggio ancora con degli emeriti incapaci, che non hanno saputo (ma forse non potevano, non sapendo proprio come) vedere un po' più lontano, prevedendo, organizzandosi e premunendosi per tempo su quello che sarebbe potuto accadere nel futuro ed hanno, quando le vendite cominciavano a scendere pericolosamente, semplicemente continuato a spremere i vecchi cataloghi senza investire sui giovani,  ne hanno lontanamente pensato di bloccare e regolare lo strapotere che le radio (cosi dette libere) ed il mostro della TELEVISIONE commerciale, stavano pian piano acquisendo.
Di fatto, passato il primo momento in cui radio e televisione son tornate utili alla causa, si è creato lentamente un graduale e lento passaggio del timone e queste ultime hanno pian piano preso il comando della nave, arrivando a dettar legge senza investire mai seriamente un centesimo sui nuovi artisti, ma decidendo, quasi come in un gioco perverso, chi andava bene e chi no. Nel frattempo, fin quando le già sgangherate dirigenze delle case discografiche ancora contavano qualcosa, il calo della qualità e delle vendite è stato in qualche modo contenuto, ma quando a decidere sono rimasti solo le radio e la televisione, il danno ha assunto proporzioni molto più serie.
Tutto questo perché osservando (fortunatamente per me molto di rado) alcune noiose e retoriche trasmissioni televisive a base di italici neo-talenti musicali e delle loro sofferenze artistiche, il futuro sembrerebbe essere ancora più torbido proprio a causa di quello che si cela dietro a questo tipo di operazione, senza voler entrare troppo nel merito della cosa, la filosofia che traspare è a dir poco aberrante, vengono fuori più i retroscena (abilmente diretti), a base di lacrime e riflessioni ad alta voce davanti ad uno specchio (vedi Grande Fratello), che il talento vero e genuino dei ragazzi, il tutto condito da consigli e commenti di mentori dal mediocre talento. Insomma facendo leva sulla passione che le giovani generazione hanno ed avranno sempre per la musica, si confezionano, con molta maestria, orrende e diseducative trasmissioni televisive, usando quest'ultima solo come pretesto per fare audience e vendere spazi pubblicitari, ma dando un'idea completamente falsa e fuorviante del mestiere di fare musica, mettendo, tra l'altro, una seria ipoteca sulla possibilità che si possa tornare quanto prima a respirare aria nuova.

2 commenti:

  1. Carissimo Maestro, ho condiviso in ogni dove questo Suo intervento. Purtroppo l'economia che ruota attorno alle produzioni, oggigiorno, punta sul personaggio e non sull'artista! Peccato....

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  2. Sacrosante parole.

    I musicisti veri come lei non ci sono più...

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